Ice or Fire ?
Tsuya attaccò l’avversario, mentre una nube di fumo denso le offuscò la vista.
Poco male, aveva altri sensi a disposizione…
Per nulla intenzionata a rinunciare all’attacco, la ragazza scagliò l’estremità del bastone verso il volto del ninja, mentre con la lama della seconda arma andava a oltraggiare il busto avversario.
Un sorriso sghembo e beffardo affiorò sul volto della kunoichi.
Era un avversario senza dubbio abile, ma questo non cambiava le carte in gioco. La ragazza si stava divertendo, questo contava. Non incontrava avversari così validi da molto tempo, Suna le stava diventando noiosa, insieme a quel branco di studentelli che si vedevano di tanto in tanto in giro.
Mai la ninja avrebbe immaginato che un combattente simile si potesse trovare così vicino, a sole poche vie dalla sua casa.
La studentessa, i restanti sensi affinati dalla momentanea mancanza della vista, sentì il primo affondo andare a vuoto, tagliando l’aria circostante l’avversario.
Mentre ruotava il braccio sinistro con l’intenzione di riscuotere il credito di sangue precedentemente concesso, percepì nel polso una leggera resistenza ai movimenti.
Rumore di abiti lacerati, di carne sfregiata.
Quell’odore… di nuovo… era possibile annusare la presenza del sangue ?
No, impossibile. Ma l’adrenalina che già scorreva nel corpo di Tsuya le permetteva di provare sensazioni al di là del normale.
L’avversario, ora con il busto sfregiato, arretrò con un balzo di 5 metri.
La distanza di sicurezza permise alla ragazza di riordinare le idee prima del successivo attacco.
Tsuya si spostò lateralmente di qualche metro, così da allontanarsi dalla zona d’azione della bomba fumogena.
Mentre la nube si diradava, tutto tornava limpido agli occhi della ragazza.
L’avversario proferì qualche breve parola. Discorsi di morte.
La ragazza rimase impassibile. Non era certo in quel luogo per chiacchierare.
Sistemò le prese sulle due aste di legno ed attese l’attacco avversario, in posizione d’equilibrio stabile.
Il contrattacco del ninja non si fece attendere.
Velocemente scattò verso la ragazza, liberandosi del mantello e delle lunga katana.
Si avvicinò così, senza impugnare armi.
La ragazza rimase ferma, preferendo aspettare sul posto l’attacco nemico. Con gli occhi e il breve tempo a disposizione, cercò di scrutare nel corpo del ninja il possibile nascondiglio di un’ eventuale arma nascosta. Attaccare a mani nude dalla distanza sarebbe equivalso ad un suicidio.
Ormai erano vicini, quando la kunoichi notò il movimento con cui l’avversario sfoderò il pugnale dal fodero.
Con un veloce gioco di polso e braccio, ruotò la lancia che teneva nella mano destra, portando la lama a cozzare con l’arma avversaria.
Il colpo fu forte, complice del nemico l’effetto sorpresa dell’attacco.
La ragazza non venne danneggiata, in quanto la grande lama funzionò da scudo. Ma il contraccolpo potente squilibrò all’indietro la ragazza, lasciandola completamente scoperta nell’intera parte frontale del corpo.
Mentre cadeva all’indietro aspettava il colpo finale dell’avversario.
Forse anche lui era rimasto stupito dallo squilibrio della ragazza, infatti non sferrò alcun colpo finale. Per una volta la scarsa forza fisica era valsa a favore della studentessa.
Tsuya osservò pressoché inerme l’opponente, mentre sfilava dalla tasca un piccolo oggetto.
Presagendo il pericolo e conscia della sua incapacità difensiva causata dal forte squilibrio, Tsuya ritenne una scelta più saggia la momentanea ritirata, piuttosto che un inutile tentativo di difesa.
Ignorando i movimenti avversari, scagliò con forza la lancia al suolo.
Sentì la lama cozzare contro qualcosa di più rigido del morbido tappeto in tatami, ma non se ne curò.
Con la lama ben conficcata in terra e sfruttando lo squilibrio all’indietro, la ragazza operò uno sforzo con il braccio sinistro nei confronti dell’asta.
Con questa spinta, si portò a distanza di sicurezza dall’avversario.
Purtroppo l’atterraggio non fu aggraziato come la fuga.
La schiena della ragazza incontrò il tappeto con un sonoro rumore d’impatto.
Rialzandosi la studentessa osservò la scena che le si parava poco davanti.
A pochi centimetri di distanza dai suoi piedi numerose stalagmiti si stagliavano contro il cielo.
Traslucide e solide. Era la prima volta che la ragazza entrava a contatto con del ghiaccio che non fosse in cubetti.
In mezzo a questa piccola giungla di picchi, si trovava la lancia che le aveva salvato le gambe, se non la vita stessa.
Sembrava il monumento ad un’antica divinità, mentre le mille lame di ghiaccio riflettevano la sua immagine.
Osservò l’avversario che si era spostato a distanza di sicurezza dal pavimento gelato.
Sempre osservandolo, la ragazza si chinò verso le guglie traslucide.
Con i polpastrelli ne saggiò la superficie.
Erano freddi, ma bruciavano al contatto con la pelle. Il sottile strato di sudore sulla punta delle dita ghiacciò al minimo contatto, incollando la mano della ragazza alla stalagmite.
Forzò la presa e staccò la lama di ghiaccio dal suolo.
Bilanciandola fra le dita osservò l’avversario.
Era rimasto fermo nella sua posizione. Evidentemente si aspettava un contrattacco.
Più per togliersi uno sfizio che per strategia, scagliò la lama di ghiaccio contro l’avversario.
Era un colpo inutile, facilmente schivabile.
Prendendo dalla sua sacca tre shuriken li scagliò subito dopo la stalagmite.
Tutti questi colpi erano diretti al busto avversario.
Non servivano a ferirlo, ma a dare alla ragazza il tempo di ridurre le distanze senza dover temere un attacco.
Seguendo gli shuriken, con un balzo superò la zona de terre no gelata.
Prese un kunai con la mano sinistra e si scagliò contro l’avversario, con l’intenzione di ingaggiare un combattimento corpo a corpo, mentre con la lancia ben salda nella mano destra, eseguiva un fendente ben mirato al busto avversario.
L’arco eseguito dall’arma avrebbe colpito dall’angolo in alto alla destra della ragazza per concludersi in basso a sinistra.
Nel frattempo la studentessa teneva il kunai pronto a difesa del corpo, nel caso l’avversario fosse riuscito a contrattaccare.